Pensieri, senza filtro.

Quando le dita improvvisano sulla tastiera

02

Nov 2012

Preferisco Socrate

scritto da / in SENZA FILTRO / Commenta

Partiamo da un presupposto. Sarà che sono in fase pre-mestruale, che l’ormone è inacidito dal freddo, ma oggi sono particolarmente polemica. Con tutti e con me stessa. Avevo iniziato a scrivere un articolo per il nostro sito aziendale e ho lasciato perdere. Non mi convinceva, troppo fumoso, poco chiaro. Mi sono fatta schifo da sola.

Mi metto a navigare sul web, consulto i social network, faccio una studiatina e una pettegolata curiosa tra le pagine di blog gossipari, e niente, non passa. Quel diavoletto polemico continua ad aizzarmi. Mi induce, mefistofelico, a mettere nero su bianco quello che mi passa per la testa. Io resisto.

Abbandono il computer, mi metto a stirare e mi dico che sarà il caso di dedicarsi alla lettura di uno dei due nuovi libri che ho sul comodino…

…la vocina continua a tentarmi e alla fine che faccio? Beh, chiaro cosa faccio…sono qui che scrivo.

Una delle cose che, in questo periodo, sto cercando di combattere è la mancanza di qualità che respiro intorno in me. Tanti general CEO head della fava, insomma tanti professionisti, o sedicenti esperti che mascherano dietro all’altisonante anglicismo della qualifica una professionalità che, ahimé, il più delle volte è solo fuffa, e di pessima fattezza. Leggo i loro blog, nati per dare valore ed evidenza al loro sommo sapere e non trovo altro che una visione distorta, o forse meglio, poco reale e tangibile del mercato o della realtà di cui trattano. Tutti teorici della fuffa. Tutti professori di ‘sto… Mi arrabbio, è più forte di me. Non sopporto la mancanza di qualità, quel baratro di competenze, la mancanza di carisma e di valore.

Certe persone sembra che non abbiano fatto altro nella loro vita che sedersi in cattedra e dare lezioni…sì, senza mai sporcarsi le mani con la realtà, quella vera, fatta di persone e di oggetti che puoi ascoltare, toccare, odorare, vedere.

Poca umiltà, poco ascolto e un intuito mascherato dietro al copia e incolla di teorie che non sono farina del loro sacco, ma rielaborazioni di sudate carte di qualcuno che magari ci ha messo una vita ad arrivarci.

Non sopporto chi parla o scrive in burocratese o in markettingaro da strapazzo con l’illusione che gli altri rimangano abbagliati dalla favella ricamata e diano poco peso alla sostanza. Discorsi spesso riassumibili in un nulla, inequivoco e palese, disarmante e preoccupante.

Abbiamo davvero bisogno di indossare la maschera della distanza per salire sul podio degli eletti ad autorità?
Dobbiamo necessariamente far vedere che l’inglese lo sappiamo e che spesso, invece, scivoliamo sui congiuntivi della nostra lingua materna?

Va da sé che certe professioni richiedano un vocabolario carico di tecnicismi di matrice straniera, ma questa esterofilia ci aiuta davvero a farci notare di più a livello professionale? Conferisce più valore a quello che facciamo? Io non credo.

Purtroppo, con il lavoro che faccio mi trovo a dover utilizzare vocaboli made in UK (tanto per dirla in modo figo, sì figo, no cool, perché da noi il cul è un’altra cosa!). Dicevo, spesso nelle mie conversazioni è inevitabile intercalare delle parole di matrice anglosassone, ma appena posso, specie se mi trovo con dei clienti, cerco di spiegare ‘all’italica maniera’ che cosa sto dicendo. Credo che la comunicazione sia fatta, soprattutto e anche di questo: comprensione. Uno scambio di informazioni chiare e lineari che permettono alle persone di dialogare tra loro. Per me il comunicare che si riduce al monologo autoreferenziale racchiude, in fondo, una volontà di prevaricazione –  verbale o scritta che sia – sull’altro che preclude a quella naturale interazione che ne dovrebbe scaturire.

Nascono come funghi espertissimi professionisti nostrani (con titoli e qualifiche che secondo me in America non hanno ancora inventato) che fanno del personal branding una ragione di vita. Già adesso esiste il personal branding, che detto in soldoni sarebbe il vendersi/promuovere se stessi o le proprie attività, raccontando e sfoderando, specie nel canale web, le proprie competenze. E ci sta tutto, non critico l’intenzione ma il modo. Un modo che molte volte ricalca quello di altri, costipato di ovvietà e marchiato a fuoco con la lingua inglese.

Preferisco una dichiarazione socratica, un ‘so di non sapere’ sincero che una traduzione arraffazonata di qualche blog esterofilo che magari, in fondo in fondo, nemmeno l’autore – quello che realizza il falso intendo- ha ben capito cosa sia.

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25

Ott 2012

E mi addormento davanti alla TV

scritto da / in SENZA FILTRO / 8 commenti

Da un mese abbiamo comprato la tv per la camera da letto e finalmente dormo sonni tranquilli. Tranquilli nel senso che appena mi metto a letto e accendo la televisione, e pluf scatta la roncola, posso finalmente dormire serena, già collocata e posizionata nel giaciglio dei miei sogni.

La televisione per me è più soporifera di qualsiasi sonnifero in commercio. Appena l’accendo, specie la sera dopo cena, gli scommettitori danno 10 a 1 che mi accascio secca dopo pochi minuti, neanche fossi stata sedata da un potente anestetico.
La stessa cosa succede anche se guardo la tv in sala. Il problema infatti sono la tenuta da telespettatore, copertina e cuscino comodo comodo, e la programmazione televisiva.

Guardare la tevisione sdraiata sul divano però è fastidioso. Vuoi mettere la rottura di scatole di doverti svegliare, magari svestire e struccare, lavare i denti…almeno, quando ero piccola, mi prendevano in braccio e mi mettevano a nanna. Adesso il socio prova a svegliarmi e, generalmente, dopo 5/6 tentativi non andati a buon fine, spegne il mio sonnifero led 40’’ e mi lascia bella (mica tanto, ho anche foto segrete che riprendono le mie smorfie dormienti) e russante sul divano. Poi, puntualmente verso le 3-4 di notte, svegliata da una pipì irrefrenabile o da un  fastidioso freddino mi alzo e controvoglia espleto le funzioni pre-dormita: denti e pipì…va beh, non sempre. A volte sono talmente rinco che non ce la faccio nemmeno a raggiugere il letto, vengo trascinata dalla bavetta sonnacchiosa che pende dalle mie labbra.

Adesso che la tv, maestosa e fiera, se ne sta in camera da letto è tutta un’altra musica. Prima di mettermi a ‘guardare’ un film scattano pigiama e toelettatura; affondo sotto il piumone, seleziono il canale e attendo che Morfeo venga a prendermi. E non ci mette mai più di 30 minuti, il signor Morfeo.

L’unico modo che ho di guardare l’ex tubo catodico – embè siamo tecnologici, le nostre TV sono tutte piattissime, come una razza o come la mia pancia di quando avevo 20 anni- è stare scomodamente appollaiata sulla sedia della cucina. Se c’è qualcosa che mi interessa, devo necessariamente restare seduta e, possibilmente, su sedie non ergonomiche (anche se garantisco che mi sono addormentata perfino in piedi, schiena contro il muro, ‘guardando’ qualche rumoroso varietà).
Unica eccezione pro divano – qui di solito reggo-  è il filmettino visto di pomeriggio, magari di sabato/domenica, quando mi sono alzata tardi e non ho ancora la palpebra in richiesta di siesta.

Purtroppo questa narcolessia televisiva me la porto dietro, ovunque vada. Vedi russate poderose a casa di amici post cena, quando ci si sposta tutti sul divano davanti alla tv e..ops…quanto cazzo cavolo è comodo questo divano! Oppure cinema, magari in seconda serata, in contemplazione (contemplazione = sto con gli occhi chiusi, mica perché dormo ma perché medito sui dialoghi! echevicredete :-)) di pellicole che in confronto la corazzata Potëmkin è come il diger selz, rende le tue membra leggere.

Insomma, se volete mettere a tacere la sottoscritta il trucco è svelato: divano/letto, copertina e televisione…e poi, ronf, ronf, zzzzzzzzzzzzzzzzz

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09

Ott 2012

Il respiro della poesia

scritto da / in SENZA FILTRO / Commenta

Sonetti di Shakespeare, poesie di Neruda, versi di Gibran…onore alle parole che suonano morbide, musicalmente incastonate come gemme preziose tra le carte sudate di artisti d’altri tempi.

Non sono mai stata un’appassionata di poesia, ho sempre preferito la prosa. Tuttavia non rinnego la sua portata emotiva, densa, carica, esplosiva, musicale. Dalle rime baciate agli endecasillabi sciolti, le parole scorrono e assumono un significato metaforico, evocativo, ermetico, sublime.

Quello che manca alle mie giornate, in questo periodo, è proprio la poesia.
Le ore si susseguono in vortici lineari, razionalmente pianificati dal marasma delle attività da compiere, senza sosta, senza virgole, senza un ‘a capo’ per prendere fiato.

E meno male che la vita deve essere assporata, goduta, vissuta, respirata in ogni istante…Mi dimeno in un singhiozzare altalenante, un boccheggiare spasmodico alla ricerca di una serenità che non riesco a trovare.

La ricerca del tempo vissuto, un po’ come il buon Proust e il suo tempo perduto. Ma io il tempo non lo perdo, no no. Il tempo lo divoro, lo soffoco, lo sopprimo, lo riempio di mille cose da fare secondo disegni ben definiti che, tuttavia, sono contraddistinti da linee approssimative, confuse, fin troppo sfumate.

Ho bisogno di respirare la lentezza. Ho necessità di ritrovare il lusso di non avere tempo. Fermare la clessidra, osservare, inspirare ed espirare profondamente, intimamente raccolta nel mio sè.

Una ricerca di pace interiore obbligata quando ci si accorge che si sta smarrendo la via, che la selva diventa selvaggia, aspra e forte…

Ordinare le idee, ascoltare il suono dei pensieri, placando con il soffio del respiro il gridolio nervoso delle immagini, dei suoni e delle idee che si accavallano indomite nella mente e tolgono poesia all’anima.

Ho bisogno di poesia, di emotività, di intimo benessere, di leggerezza del cuore, di esalazioni lente e ampie.

…ma poi, come sempre, dopo una pausa riflessiva, accompagnata da una pioggia esterna che si fonde con le lacrime salate che solcano il viso, si ritrova il muro della realtà, quella pragmaticamente dura, quella che non vedi l’ora di poter sfuggire per lasciar respirare la poesia.

Oggi, per caso, mi sono imbattuta in questi versi del mio amatissimo William Shakespeare.  Ringrazio il sonnetto 116 che, seppur per un istante, mi ha aiutato a ossigenare e ripulire la mente.

Non sia mai ch’io ponga impedimenti
all’unione di anime fedeli; Amore non è Amore
se muta quando scopre un mutamento
o tende a svanire quando l’altro s’allontana.
Oh no! Amore è un faro sempre fisso
che sovrasta la tempesta e non vacilla mai;
è la stella-guida di ogni sperduta barca,
il cui valore è sconosciuto, benché nota la distanza.
Amore non è soggetto al Tempo, pur se rosee labbra e gote
dovran cadere sotto la sua curva lama;
Amore non muta in poche ore o settimane,
ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio:
se questo è errore e mi sarà provato,
io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato.

… senza dimenticare  che “L’amore non guarda con gli occhi, ma con l’anima“.

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