Pensieri, senza filtro.

Quando le dita improvvisano sulla tastiera

27

Lug 2012

Una geek da biblioteca

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Ero a casa dei miei per un incontro di lavoro a Milano. Quella casa con il cartello ‘vendesi’ fuori dal cancello, quella della mia adolescenza e degli anni dell’università.

Prima di rimettermi in macchina per tornare in Umbria, ho iniziato la prima fase di trasloco di alcuni dei miei amati libri, un’operazione che dovevo fare da anni e che per un motivo e per l’altro ho sempre rimandato.

E…cioè, ragazzi, WOW!!! Ho ritrovato un mondo sommerso.

Tra i grandi classici della tradizione, logore dispense universitare stra scarabocchiate, fotografie di una me giovane e magrissima, quaderni densi di appunti, manuali  e grammatiche di lingue starniere…e i ricordi dolcemente sono raffiorati come la boa di un sub.
Erano lì, galleggiavano, fluttuavano davanti ai miei occhi le nottate passate sulle ‘sudate carte’, l’ansia pre-esame, la diligenza che non ricordavo avere, le prime sbronze, il tornare a casa in punta di piedi per non risvegliare mia madre, le litigate, le vecchie amicizie, la vita di una quasi normalissima ragazza che viveva in una quasi normalissima  famiglia 🙂

Tra le varie cose, ho ritrovato i miei libri delle fiabe, i ‘Quindici’ un’enciclopedia per bambini che mi divertivo a leggere e consultare ancor prima di diventare ‘signorina’, le foto dei miei nonni che si baciavano felici in occasione di qualche compleanno, frammenti di un periodo lontano che nonostante tutto vivo ancora lucidamente, come fosse ieri.

Alcuni dei miei libri adesso sono qui con me, li guardo e sorrido. Sono logori, ingialliti, consumati ma sempre vivi, attuali, da sfogliare e leggere ancora, ancora e ancora. Una lettura diversa, matura e consapevole. Ecco cosa mi piace! Rileggere le cose con occhi diversi, cogliere sfumature nuove, riassaggiare e interpretare.

Parlano di me, parlano di un passato che così remoto non sento. Il mio animo, in fondo, è un po’ come quello di Peter Pan: curioso, gioioso, eternamente fanciullo e proiettato alla sua isola che non c’è.

E’ bello dimenticare le incombenze da grande e ritrovare il calore della semplicità di quando eri più piccino. Tutto diventa improvvisamente leggero, morbido, semplice, intimamente tuo.

I libri, le librerie hanno avuto sempre questo strano effetto carminativo su di me. Mi calmano, mi inebriano, mi rallentano, mi fanno stranire dalla routine e aprono i portoni  delle possibilità, dell’immaginazione, quella che ti porta ovunque.

Prima o poi realizzerò il mio grande sogno: voglio una biblioteca in casa (di quelle vecchio stile, sia inteso), tutta mia, sarà la MIA  isola che c’è. Voglio un luogo che profuma di cultura, che ti avvolge e che appaga la tua sete di sapere. Beh, ovviamente la mia biblioteca sarà ben collegata con lo studio hi tech del socio, vibrante di bit e connesso con il mondo a rapidissimi colpi di clic….in fondo sono una romantica  e nostalgica geek.

Adoro i libri, il profumo della carta appena stampata, i volumi usati comprati in qualche mercatino di periferia…ma vuoi mettere la comodità di leggere un e-book sul tuo iPad in treno o in aereo? O la velocità nel trovare informazioni digitando semplicemente delle keyword nella casella di ricerca di Google? Internet può darti tutte le informazioni che vuoi (testi, immagini, video, animazioni), ovunque tu sia, sempre. Una rivoluzione divulgativa strepitosa che però – perché c’è un però- nella sua frenetica velocità non riesce a darmi quella ‘strana’ e calda sensazione della carta che scivola tra le dita.

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09

Lug 2012

Il respiro del mare

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Devo scrivere. Questo è stato l’input.

Ho bisogno di mettermi davanti alla tastiera, anche se i miei occhi piangono dalla stanchezza, rinsecchiti dal caloroso Minosse  e da una giornata passata davanti al computer.

A volte penso che dovrei dilettarmi a raccontare le mie speedy ricette: come cucinare un pranzetto/cenetta in 10 mosse e in 10 minuti…va beh, facciamo 15! Altre penso sia meglio dare spazio alla mia natura zen e spirituale dissertando di yoga, meditazione e introspezioni varie. Altre ancora vorrei dare sfogo alla mia creatività markettingara e alla mia esperienza nel mondo del web, piuttosto che del  turismo, ma poi penso “quello lasciamolo al lavoro” e vado oltre. In altre occasioni, vorrei parlare del mio secondo lavoro, di cosa significa fare la tour leader, occuparsi di un gruppo in giro per il mondo…tutto bellissimo e così estremamente stancante. Potrei dissertare di storia, gossip, di come farsi una tinta  in casa da sole o una ceretta ai baffi qualsi indolore :-).

Ma alla fine lascio liberi i pensieri, scrivo sotto trance, come per Joyce il mio è un flusso che non si ferma, che ha necessità di mettere nero su bianco qualcosa, anche se  un senso non ce l’ha.

In fondo scrivere è sempre stata la mia valvola di sfogo: una seduta dallo psicologo aggratis che mi rende libera e mi fa entrare in uno stato di straniamento con la realtà. Le sigarette fumano dal posacenere e le mani, un po’ acciaccate dalla psoriasi che in estate le divora, sono accese dallo smalto rosa fluo delle unghie.

Sarà che da quando vivo qui in Umbria non ho più grandi sfoghi caratterizzati da lunghe chiacchierate. Le vecchie amiche, quelle più care, sono tutte troppo lontane, i miei sono concentrati sulla loro terza età e il mio socio non può diventare costantemente l’ascoltatore annoiato dei miei sfoghi. E allora scrivo, parlo con me, mi racconto. Da sola.

E’ davvero un mese straordinario questo. Sono tantissime le novità che mi aspettano e la paura di sbagliare fa capolino ogni secondo. Paura di non essere all’altezza, di non farcela…

E poi ci sono le aspettative. Mica quelle degli altri, le mie. Ho troppi obiettivi, troppa curiosità arsa da abbeverare, troppo mondo da esplorare, troppe competenze da acquisire e tantissimi libri sul comodino per i quali il tempo è sempre poco. Appena inizio a leggere, mi cala la palpebra. Forse perché la stanchezza è davvero tanta, psicologica e fisica.

Staremo a vedere tra una settimana dopo una breve pausa vacanziera. La prima valigia del periodo non fatta per lavoro, e la più difficile da preparare. E’ carica di aspettative, di voglia di relax e divertimento, di pace e frenesia.

Il meteo so già che non mi verrà incontro ( è previsto brutto tempo) e anche quelle cosine femminili arriveranno per guastare i mie bagni nel mare cristallino della Sardegna.

Venerdì si torna a casa, la mia seconda casa. Quella dell’infanzia, la casa dei nonni paterni. Già percepisco, al solo pensiero, il profumo della macchia mediterranea, quella cadenza marcata che sa di sale marino e quella brezza che se si incazza diventa un maestrale insopportabile.

Chissà se la pausa marina acquieterà  i pensieri che si ammassano continuamente nella mia testa, chissà  se il respiro del mare solleverà la mia anima irrequieta.

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08

Lug 2012

…e vissero felici e contenti

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Sposarsi è il sogno di ogni femminuccia fin da piccola. Vedi Biancaneve che dopo l’esperienza psichedelica con i 7 nani degna di una gang bang, trova il suo principe azzurro ( i principi delle favole sono tutti sponsorizzati dalla Pfizer e dal viagra?) che la risveglia dalla narcolessia di una mela della val- di- non- dovevi- mangiarla. Poi c’è la Bella Addormentata che  – anche lei vittima di un sonno profondo – con un bacio d’ammmore (con 3 ‘m’) si risveglia da una bella dormita nel bosco. E ancora la Principessa sul Pisello, una bisbetica domata vittima della penna di uno scrittore che mi sarebbe piaciuto vedere sdraiato sulla poltrona del buon vecchio Freud.
Ma  la mia preferita resta comunque Cenerentola, emblema delle casalinghe disperate che convola a giuste nozze con un principe figaccione grazie a una scarpetta di cristallo che la sottoscritta – viste le mastodontiche dimensioni dei piedi, un piccolissimo 41! – sogna di possedere segretamente, non fosse altro per dire che finalmente i suoi piedi hanno assunto una dimensione fiabesca.
Il matrimonio, insomma, complici i racconti d’infanzia e i film della Disney riassumibili nel classico “…e vissero felici e contenti” sono da sempre, per ogni bambina diventata ormai donna, una favola da vivere, un sogno rosa pieno di gioia e principi bonazzi con castello e cavalli bianchi.

La cornice tradizionale vede lei, in abito bianco raggiante come una giornata di sole, raggiungere lui, un principe moderno in alta uniforme o con un tight da urlo, in una chiesa che sembra il tripudio della Primavera di Vivaldi. Sono emozionati e felici,  pronti a giurarsi una vita ricca di amore, figli e serenità. Gli invitati indossano vestiti comprati per l’occasione e, se in Inghilterra, proliferano cappellini bizzarri e kitsch.
Ci si sposa in primavera/estate: maggio, giugno, luglio, settembre sono i mesi più gettonati  per i matrimoni. Ne vedi tanti, ancora e nonostante tutto. Sì, nonostante la crisi, i divorzi, le trans e il declino della spiritualità collettivo.
Le nozze sono  ancora, nella accezione comune, l’unico evento della tua vita per il quale sei disposto a dilapidare un capitale perchè tanto, in teoria, si celebra una volta sola (fanno eccezione i casi alla Brooke Logan di Beautiful e Liz Tayor).
Un evento carico di emozioni, aspettative, lacrime di parenti che, anche se convivi da anni e fai già una vita da sposato, leggono il tuo sì davanti all’altare come la vera cerimonia di passaggio dall’adolescenza alla età adulta.
E poi c’è sempre il viaggio di nozze, quello da sogno, quello che farai una volta nella vita perché poi, se arrivano i figli, non avrai più occasione di sputtanare spendere così tanti soldi o allontanarti verso luoghi del pianeta sperduti e conosciuti solo dagli alieni di Visitors.

La moda degli ultimi anni, se ci fate caso, prevede il matrimonio a tre. Niente di zozzo, sia inteso. Tendendezialmente le coppie moderne di ciovani, che poi non sono più tanto tali perché hanno un’età media di 35 anni, scelgono di avere come paggetto porta fedi il proprio pargolo, nato prima delle nozze. Una bella cerimonia familiare che, comunque, contrasta un po’ con le tradizioni religiose cattoliche che impongono castità fino al giorno del sì.

Ogni ricevimento che si rispetti, tutti vittime di Real Time e dei suoi programmi wedding oriented, sono un concentrato di glamour, finger food e fuochi da artificio. Nulla è lasciato al caso. Sapevate che il riso deve essere lavato per non macchiare gli abiti dello sposo?

La lista nozze, carica di pentole, bicchieri, cazzatine varie casalinghe è soppiantata dalla più utile lista viaggio o da un IBAN a cui girare la propria donazione ( e bisogna sempre calcolare che, se ti invitano al pranzo e spendono X tu devi per lo meno donare necessariamente – onde evitare figure da pezzente o amico/parente poco vicino – un X+Y…Viva la spontaneità!).

E poi c’è l’addio al celibato/nubilato che, tradizione vuole, debba  essere organizzato dagli amici; sempre più gettonate le feste-viaggio verso località europee e i soggiorni nelle SPA per le future spose.
Poche donne nude o uomini nudi uscire dalle torte…tanto quelli, per alcuni, e passatemi la cattiveria acida, arriveranno sicuramente dopo le nozze! 🙂

E io? Mi voglio sposare? A giorni alterni. Vale come risposta? Credo nel significato religioso del matrimonio, nella unione spirituale più che civile e penso sia importante sposarsi se si ha o si vuole mettere al mondo un figlio (qui emerge il mio lato reazionario). In più, vedi sopra, sono vittima delle fiabe e sogno l’abito bianco, quello che spendi una fortuna e metti una sola volta nella tua vita. Tuttavia, questa mia natura romantica si scontra e sbatte contro il mio  lato pratico, poco, anzi per nulla, amante delle cerimonie, che crede che l’amore non abbia bisogno di contratti o di bomboniere e, parafrasando Groucho Marx sostiene che, in fondo “ il matrimonio è la causa prima del divorzio“. 🙂

W gli sposi!

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