Buono a sapersi

Curiosità e dintorni

05

Mag 2025

Vediamo con il cervello, non con gli occhi

scritto da / in Buono a sapersi / Commenta

“Vediamo con il cervello, non con gli occhi.”

Oliver Sacks colse un punto essenziale: la realtà che percepiamo non è una fotografia del mondo esterno, ma una costruzione attiva del nostro cervello.

In questa nuvola, io ci vedo il volto di una donna con un’acconciatura dei primi del ’900.
Questo fenomeno si chiama pareidolia: la tendenza a riconoscere forme familiari, soprattutto volti, in stimoli ambigui. Non è un errore, ma un meccanismo adattivo evolutivo.
La neuroscienziata Nancy Kanwisher ha identificato l’area cerebrale coinvolta nel riconoscimento dei volti (la FFA, fusiform face area), che si attiva anche quando vediamo configurazioni visive (face-like patterns) che assomigliano a un volto umano, anche se oggettivamente non lo sono.
Insomma, bastano due occhi e una bocca stilizzati perché il cervello dia un significato.
Anche Ramachandran ha spiegato come il nostro cervello preferisca falsi positivi a falsi negativi: meglio scambiare una roccia per un predatore, che il contrario.

La pareidolia è una forma di apofenia, cioè la nostra tendenza a cercare connessioni e significati anche in dati casuali. Questo fenomeno è al centro anche della teoria della Gestalt, secondo cui il nostro cervello organizza ciò che vede secondo principi di forma, somiglianza e chiusura.
La percezione è attiva e influenzata da emozioni e cultura: non vediamo il mondo com’è, ma come ci aspettiamo che sia.
Con la nostra testa diamo struttura all’ambiguità: trasformiamo il disordine in forme coerenti alla nostra visione del mondo.

Nei bambini il fenomeno è ancora più forte. Il loro cervello plastico e poco inibito riconosce volti ovunque. Secondo Piaget è il pensiero simbolico della prima infanzia che porta ad attribuire intenzioni e significati a tutto ciò che li circonda.

Nel marketing, questa tendenza viene sfruttata in modo strategico. Basta pensare al logo di Amazon che ci sorride dalla A alla Z o agli occhi abbaglianti dell’ultima berlina di grido.

Anche l’intelligenza artificiale può sperimentare una forma di pareidolia.
Algoritmi di visione artificiale e reti neurali convoluzionali, addestrati su milioni di immagini, talvolta rilevano volti o oggetti dove non ce ne sono: ad esempio in una nuvola, in una parete o nei riflessi. È la “pareidolia digitale”: come la mente umana, anche l’AI cerca pattern, spesso trovandone anche dove non esistono.

Questo parallelismo tra bias biologici e computazionali è uno specchio affascinante di come – umani o macchine – interpretiamo (o proiettiamo) il significato.

La pareidolia ci accompagna nella dia-gnosi, la discesa versa la conoscenza.
In un’epoca di bulimia di contenuti, sempre più rapidi – e spesso irrilevanti – la nostra tendenza a trovare senso ovunque è una forza e un rischio.
Ma se vediamo volti dove non ce ne sono, forse è proprio qui che inizia la nostra umanità.

E tu, cosa ci vedi in questa nuvola?

Voglio condividere questo post su...

Grazie :)
Post simili
Commenta

E tu, che cosa ne pensi?