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19

Dic 2012

Non ditelo ai Maya

scritto da / in Viaggi / Commenta

Sono seduta in cucina con il sole che illumina sorridente ogni angolo della casa e un mare, al di lá del vetro che, se non fosse che siamo a dicembre, andrei subito a esplorare.
Sono arrivata due giorni fa, accolta da un clima mite e un vento arrabbiato che ha spazzato via un po’ di stanchezza.
Oggi è il compleanno di mio papá, sessant’anni. A pranzo andremo fuori a festeggiare gustando freschissimo pesce e bevendo un inebriante vinello locale.
Adesso sono sola.
I miei sono usciti per andare a controllare i lavori nella loro casa nuova, mia sorella dorme, e il gatto pure. Ho spento la radio che già risuonava al mio risveglio,  ho fatto un caffè e mi sono messa  a guardare dalla finestra questa Sardegna invernale.
Il suono dei tasti sul mio tablet mi aiuta a riordinare la mente.
Non ditelo ai Maya ma questa silenziosa mattina, intervallata dallo starnazzare dei gabbiani in lontananza, è la fine del mondo!

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18

Ago 2012

Un pomeriggio al mare con i miei neuroni

scritto da / in SENZA FILTRO / Commenta

Aria di mare, profumo di ginepro e di macchia mediterranea, voglia di respirare la melodia del mare che si increspa di un bianco denso.
Seduta sulla panchina osservo e ascolto, in un silenzio religiosamente imposto dal panorama naturalmente speciale. Qualcosa interrompe la mia meditazione. Sono i miei pensieri, rumorosi, invadenti, caotici e contrastanti.
Possibile che non vogliano lasciarmi libera nemmeno in vacanza? No, non ce la fanno. Sono sempre con me…i miei neuroni non vanno in ferie, sono in perenne attività. Scovano problemi da far riaffiorare, tasse da pagare, conflitti familiari da rivivere.
Una carrellata veloce, un chiacchiericcio frenetico di neuroni che devono ancora abituarsi al silenzio, al breve momento di pausa che annualmente posso concedere loro.
Mi siedo su uno scoglio, affogo i miei piedi nella calda acqua salata e apro le pagine di un libro divertente, leggero…ho bisogno di ripulire la mente, di purificare i pensieri.
Il mare accompagna come una dolce nenia lo scroscìo delle sue acque sulla roccia abbronzata da un sole caldo e avvolgente e mi abbandono alla lettura.
È il mio momento. Sono sola e libera da tutto e tutti. Il sole riscalda il mio viso e l’acqua accarezza la pelle che inizia ad assumere un colorito floridamente rubicondo. Devo mettere la protezione, rischio di diventare un peperone lesso. Interrompo la lettura. Prendo la crema solare e morbidamente rinfresco la pelle che si secca sotto il sol leone. Bevo un sorso di acqua e decido di rimettermi a leggere. Leggere mi aiuta a occupare i neuroni stacanovisti in un’attività positiva, immergendomi in una realtà diversa dai problemi che proprio non vogliono abbandonare la mia mente.
Il caldo diventa sempre più forte, è tempo di immergere anima e corpo nelle acque di questo mare cristallino popolato di pesci grassocci e riscaldato dal caldo delle perturbazioni estive che arrivano dall’Africa.
Deposito il mio libro nella borsa e preparo il mio set da esploratore dei mari: maschera, boccaglio, pinne e via….pronta per investigare la biologia marina.
Un tuffetto e inizio ad osservare quello che avviene nelle profondità di questa prateria acquatica.
I miei neuroni si attivano…i pensieri non mi abbandonano mai. Fortunatamente la curiosità prende il sopravvento e mi lascio cullare dalla placidità della flora marina che ondeggia lentamente, di qua e di là, dolcemente protagonista di una danza morbida interrotta dal passare frenetico e rapido di squadroni compatti di pesciolini che mi ricordano i pendolari della metropolitana nelle ore di punta.
Non sono abituata a usare le pinne e le mie gambe mi avvisano che non posso fare l’eroe. Dopo tutto, durante l’anno, non è che mi dedichi a una attività sportiva costante e il mio corpo, come un pezzo di metallo nel mare, inizia a fare ruggine. Decido di uscire.
Mi sdraio al sole, cullata da una lieve brezza che sconvolge ancora di più la mia chioma leonina e mi adagio su un asciugamano dai colori accesi. Accendo una sigaretta e proseguo, silenziosamente, ad osservare.
Gli amici che popolano la mia mente iniziano a fantasticare e a commentare il panorama intorno a me (il tutto avviene sempre all’interno del mio cranio e senza autorizzazione!). La scogliera, il mare, la spiaggia, le coppiette innamorate che si ungono di una densa crema solare a riva, i bambini operosi che lavorano duramente tra secchielli, palette e bambolotti da lavare nelle acque del mare, famiglie intente a giocare a burraco, sub che riemergono soddisfatti dalle acque con una retina da pesca che ospita un pesciolino piccino, trofeo di una caccia durata ore.
All’orizzonte una barca a vela sventola il suo orgoglio piratesco e un gommone invadente arrotola le acque del mare creando onde costanti che invitano a gare di tuffi tra ragazzini sorridenti che finalmente, dopo 10 ore di digestione, possono fare il bagno.
Goccioline di sudore attraversano il mio viso, saranno sicuramente le fatiche dei miei neuroni che non smettono di scandagliare  questo pomeriggio al sapore di sale.
Ispiro, espiro, faccio il pieno di iodio che fa tanto bene alla mia sinusite cronica e alle mie narici costipate da un inverno rigido….mi lascio abbracciare dalla natura. L’azzurro del cielo entra con amore in quello del mare, un atto d’amore che unisce aria e acqua e colora i miei pensieri.
Quanto mi mancherà questo momento. Già lo so.
La mia riflessione viene interrotta dal suono del cellulare…è il socio che mi chiede che fine abbia fatto e se sono propensa a raggiungerlo per andare a fare un tuffetto insieme.
Decido che dopo tre ore di solitudine meditativa posso ritrovare il contatto diretto con gli altri esseri umani e mi accingo a raccogliere pensieri, pinne, occhiali (no, a ‘sto giro il fucile non l’ho preso, sarebbe stato pericolosamente istigante per sopprimere le strilla di bambini capricciosi e il loro incedere violento e maleducato con gittate di sabbia sul mio asciugamano)…dicevo, prendo tutte le mie cose e mi dirigo verso il socio che predilige vivere il mare come un neonato, solo la sera tardi, quando il sole non ruggisce più ma miagola come un gattino indifeso.
I miei neuroni decidono che è arrivato il momento di prepararsi ai dialoghi e alle pubbliche relazioni: abbandonano il loro pettegolare interno, i loro monologhi, e si vestono per guidare le conversazioni all’esterno della mia testa.
Infilo un vestitino verde, inforco le ciabatte, cerco di dare ordine ai miei capelli selvaggi raccogliendoli con un mollettone da casalinga disperata, e inizio a incamminarmi sulla sabbia rovente. Un ultimo sguardo all’orizzonte, un ultimo commento in solitaria, un saluto al mio momento – al nostro momento, quello mio e dei miei neuroni- e vado a prendere il mio bebè (alto un metro e novanta) che non vede l’ora di fare un bagnetto.

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09

Lug 2012

Il respiro del mare

scritto da / in SENZA FILTRO / Commenta

Devo scrivere. Questo è stato l’input.

Ho bisogno di mettermi davanti alla tastiera, anche se i miei occhi piangono dalla stanchezza, rinsecchiti dal caloroso Minosse  e da una giornata passata davanti al computer.

A volte penso che dovrei dilettarmi a raccontare le mie speedy ricette: come cucinare un pranzetto/cenetta in 10 mosse e in 10 minuti…va beh, facciamo 15! Altre penso sia meglio dare spazio alla mia natura zen e spirituale dissertando di yoga, meditazione e introspezioni varie. Altre ancora vorrei dare sfogo alla mia creatività markettingara e alla mia esperienza nel mondo del web, piuttosto che del  turismo, ma poi penso “quello lasciamolo al lavoro” e vado oltre. In altre occasioni, vorrei parlare del mio secondo lavoro, di cosa significa fare la tour leader, occuparsi di un gruppo in giro per il mondo…tutto bellissimo e così estremamente stancante. Potrei dissertare di storia, gossip, di come farsi una tinta  in casa da sole o una ceretta ai baffi qualsi indolore :-).

Ma alla fine lascio liberi i pensieri, scrivo sotto trance, come per Joyce il mio è un flusso che non si ferma, che ha necessità di mettere nero su bianco qualcosa, anche se  un senso non ce l’ha.

In fondo scrivere è sempre stata la mia valvola di sfogo: una seduta dallo psicologo aggratis che mi rende libera e mi fa entrare in uno stato di straniamento con la realtà. Le sigarette fumano dal posacenere e le mani, un po’ acciaccate dalla psoriasi che in estate le divora, sono accese dallo smalto rosa fluo delle unghie.

Sarà che da quando vivo qui in Umbria non ho più grandi sfoghi caratterizzati da lunghe chiacchierate. Le vecchie amiche, quelle più care, sono tutte troppo lontane, i miei sono concentrati sulla loro terza età e il mio socio non può diventare costantemente l’ascoltatore annoiato dei miei sfoghi. E allora scrivo, parlo con me, mi racconto. Da sola.

E’ davvero un mese straordinario questo. Sono tantissime le novità che mi aspettano e la paura di sbagliare fa capolino ogni secondo. Paura di non essere all’altezza, di non farcela…

E poi ci sono le aspettative. Mica quelle degli altri, le mie. Ho troppi obiettivi, troppa curiosità arsa da abbeverare, troppo mondo da esplorare, troppe competenze da acquisire e tantissimi libri sul comodino per i quali il tempo è sempre poco. Appena inizio a leggere, mi cala la palpebra. Forse perché la stanchezza è davvero tanta, psicologica e fisica.

Staremo a vedere tra una settimana dopo una breve pausa vacanziera. La prima valigia del periodo non fatta per lavoro, e la più difficile da preparare. E’ carica di aspettative, di voglia di relax e divertimento, di pace e frenesia.

Il meteo so già che non mi verrà incontro ( è previsto brutto tempo) e anche quelle cosine femminili arriveranno per guastare i mie bagni nel mare cristallino della Sardegna.

Venerdì si torna a casa, la mia seconda casa. Quella dell’infanzia, la casa dei nonni paterni. Già percepisco, al solo pensiero, il profumo della macchia mediterranea, quella cadenza marcata che sa di sale marino e quella brezza che se si incazza diventa un maestrale insopportabile.

Chissà se la pausa marina acquieterà  i pensieri che si ammassano continuamente nella mia testa, chissà  se il respiro del mare solleverà la mia anima irrequieta.

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