ILSOLECHERIDE

L'immaginazione coniugata all'infinito.

22

Ago 2012

Romanticamente

scritto da / in SENZA FILTRO / Commenta

http://youtu.be/FSea1YPxK1c

A te che sei l’unica al mondo
L’unica ragione
Per arrivare fino in fondo
Ad ogni mio respiro
Quando ti guardo
Dopo un giorno pieno di parole
Senza che tu mi dica niente
Tutto si fa chiaro
A te che mi hai trovato
All’angolo coi pugni chiusi
Con le mie spalle contro il muro
Pronto a difendermi
Con gli occhi bassi
Stavo in fila
Con i disillusi
Tu mi hai raccolto
Come un gatto
E mi hai portato con te
A te io canto una canzone
Perchè non ho altro
Niente di meglio da offrirti
Di tutto quello che ho
Prendi il mio tempo
E la magia
Che con un solo salto
Ci fa volare dentro all’aria
Come bollicine
A te che sei
Semplicemente sei
Sostanza dei giorni miei
Sostanza dei sogni miei
A te che sei il mio grande amore
Ed il mio amore grande
A te che hai preso la mia vita
E ne hai fatto molto di più
A te che hai dato senso al tempo
Senza misurarlo
A te che sei il mio amore grande
Ed il mio grande amore
A te che io
Ti ho visto piangere nella mia mano
Fragile che potevo ucciderti
Stringendoti un pò
E poi ti ho visto
Con la forza di un aeroplano
Prendere in mano la tua vita
E trascinarla in salvo
A te che mi hai insegnato i sogni
E l’arte dell’avventura
A te che credi nel coraggio
E anche nella paura
A te che sei la miglior cosa
Che mi sia successa
A te che cambi tutti i giorni
E resti sempre la stessa
A te che sei
Semplicemente sei
Sostanza dei giorni miei
Sostanza dei sogni miei
A te che sei
Essenzialmente sei
Sostanza dei sogni miei
Sostanza dei giorni miei
A te che non ti piaci mai
E sei una meraviglia
Le forze della natura si concentrano in te
Che sei una roccia sei una pianta sei un uragano
Sei l’orizzonte che mi accoglie quando mi allontano
A te che sei l’unica amica
Che io posso avere
L’unico amore che vorrei
Se io non ti avessi con me
A te che hai reso la mia vita
Bella da morire
Che riesci a render la fatica
Un immenso piacere
A te che sei il mio grande amore
Ed il mio amore grande
A te che hai preso la mia vita
E ne hai fatto molto di più
A te che hai dato senso al tempo
Senza misurarlo
A te che sei il mio amore grande
Ed il mio grande amore
A te che sei
Semplicemente sei
Sostanza dei giorni miei
Sostanza dei sogni miei
A te che sei
Semplicemente sei
Compagna dei giorni miei
Sostanza dei giorni miei

Voglio condividere questo post su...

21

Ago 2012

Condizionati dall’aria

scritto da / in SENZA FILTRO / Commenta

Cioè, diciamola tutta,  tendenzialmente sono una dannata freddolosa. Ma questo maledetto caldaccio, chiamatelo Scipione, Caligola, Nerone, Minosse, Lucifero o Pancrazio mi ha letteramente rotto il portato allo strazio!

Mi sento come una donna in menopausa, ho vampate costanti e continue, sudo solo a respirare. No, non lo tollero più. Che stia davvero andando in menopausa senza saperlo?

Quando arriva una bella pioggia catartica a portare via tutta questa aridità? La perpetua siccità  ha afflosciato le  povere piante del mio giardino – nonostante vengano abbeverate con amore – e trasformato la verde Umbria in gialla. Sì, un giallo secco, da far west.

Se vivi in città, la tua unica fonte di ossigeno diventa l’aria condizionata. Il ventilatore non serve più a niente, sposta solo aria calda, lo puoi utilizzare al posto del phon per farti la messa in piega.  Non è mai stato così bello starsene in ufficio come in questi giorni: un freschino rigererante che stimola anche l’appetito sopito dalle folate sahariane. Ecco, questo è forse uno degli aspetti negativi dell’aria fredda che sale dai termoconvettori sparati a manetta.

Per fortuna, anche a casa, siamo dotati – solo  in camera da letto – di pinguino, non uno vero (quello sarebbe già schiattato di stenti). E quindi,  per lo meno, si dorme. Va beh, ti svegli con un po’ di torcicollo e una bolla tipo cartone animato giapponese che scende dal naso, ma è una goduria immensa. Per un periodo di tempo, che ho rimosso causa shock, non eravamo climatizzati. In pratica, io e il socio andavamo a dormire e ci svegliavamo (sempre se si riusciva a prendere sonno) in un lago di sudore, con la nostra sindone impressa sulle lenzuola madide. Per non parlare dell’attività ‘privata’. Altro che sfumature di grigio e rosso. Quando c’è un caldo africano nun se po’ fa’. Invidio gli eroi che dicono che l’estate risveglia l’ormone sopito. Il mio ormone suda e non ha voglia di reagire, nemmeno se sollecitato da cibo afrodisiaco e ballerini brasiliani in perizoma.

Se il  mio ormone percepisce più di 37° diventa, in automatico, testimonial della pubblicità del tè, quella che recitava: “Antò fa caldo” e, al solo al pensiero di doversi attivare, stramazza.

Ho constatato, infatti, che i miei ormoni hanno un corso di vita totalmente diverso dai miei neuroni. Mentre i secondi sono perennemente in attività, pronti a creare le scenneggiature più intrecciate della storia del cinema globale, i primi necessitano di una temperatura ‘nelle norme stagionali’ per essere svegli e dinamici. Superata la soglia è abulia pura.
Me li immagino in un dialogo tra di loro: “Hey, dobbiamo attivarci, è estate, la stagine dell’amore!“. ” Eh no, caro, è la primavera la stagione dell’amore. D’estate si va in ferie“.

Lode e pregio al signor Willis Haviland Carrier, inventore dell’aria condizionata. Bravo, bravo, bravo. Peccato che sia passato a miglior vita, sennò stasera gli darei un bel bacio in fronte prima di mettermi a russare al fresco del mio condizionatore.

Voglio condividere questo post su...

18

Ago 2012

Un pomeriggio al mare con i miei neuroni

scritto da / in SENZA FILTRO / Commenta

Aria di mare, profumo di ginepro e di macchia mediterranea, voglia di respirare la melodia del mare che si increspa di un bianco denso.
Seduta sulla panchina osservo e ascolto, in un silenzio religiosamente imposto dal panorama naturalmente speciale. Qualcosa interrompe la mia meditazione. Sono i miei pensieri, rumorosi, invadenti, caotici e contrastanti.
Possibile che non vogliano lasciarmi libera nemmeno in vacanza? No, non ce la fanno. Sono sempre con me…i miei neuroni non vanno in ferie, sono in perenne attività. Scovano problemi da far riaffiorare, tasse da pagare, conflitti familiari da rivivere.
Una carrellata veloce, un chiacchiericcio frenetico di neuroni che devono ancora abituarsi al silenzio, al breve momento di pausa che annualmente posso concedere loro.
Mi siedo su uno scoglio, affogo i miei piedi nella calda acqua salata e apro le pagine di un libro divertente, leggero…ho bisogno di ripulire la mente, di purificare i pensieri.
Il mare accompagna come una dolce nenia lo scroscìo delle sue acque sulla roccia abbronzata da un sole caldo e avvolgente e mi abbandono alla lettura.
È il mio momento. Sono sola e libera da tutto e tutti. Il sole riscalda il mio viso e l’acqua accarezza la pelle che inizia ad assumere un colorito floridamente rubicondo. Devo mettere la protezione, rischio di diventare un peperone lesso. Interrompo la lettura. Prendo la crema solare e morbidamente rinfresco la pelle che si secca sotto il sol leone. Bevo un sorso di acqua e decido di rimettermi a leggere. Leggere mi aiuta a occupare i neuroni stacanovisti in un’attività positiva, immergendomi in una realtà diversa dai problemi che proprio non vogliono abbandonare la mia mente.
Il caldo diventa sempre più forte, è tempo di immergere anima e corpo nelle acque di questo mare cristallino popolato di pesci grassocci e riscaldato dal caldo delle perturbazioni estive che arrivano dall’Africa.
Deposito il mio libro nella borsa e preparo il mio set da esploratore dei mari: maschera, boccaglio, pinne e via….pronta per investigare la biologia marina.
Un tuffetto e inizio ad osservare quello che avviene nelle profondità di questa prateria acquatica.
I miei neuroni si attivano…i pensieri non mi abbandonano mai. Fortunatamente la curiosità prende il sopravvento e mi lascio cullare dalla placidità della flora marina che ondeggia lentamente, di qua e di là, dolcemente protagonista di una danza morbida interrotta dal passare frenetico e rapido di squadroni compatti di pesciolini che mi ricordano i pendolari della metropolitana nelle ore di punta.
Non sono abituata a usare le pinne e le mie gambe mi avvisano che non posso fare l’eroe. Dopo tutto, durante l’anno, non è che mi dedichi a una attività sportiva costante e il mio corpo, come un pezzo di metallo nel mare, inizia a fare ruggine. Decido di uscire.
Mi sdraio al sole, cullata da una lieve brezza che sconvolge ancora di più la mia chioma leonina e mi adagio su un asciugamano dai colori accesi. Accendo una sigaretta e proseguo, silenziosamente, ad osservare.
Gli amici che popolano la mia mente iniziano a fantasticare e a commentare il panorama intorno a me (il tutto avviene sempre all’interno del mio cranio e senza autorizzazione!). La scogliera, il mare, la spiaggia, le coppiette innamorate che si ungono di una densa crema solare a riva, i bambini operosi che lavorano duramente tra secchielli, palette e bambolotti da lavare nelle acque del mare, famiglie intente a giocare a burraco, sub che riemergono soddisfatti dalle acque con una retina da pesca che ospita un pesciolino piccino, trofeo di una caccia durata ore.
All’orizzonte una barca a vela sventola il suo orgoglio piratesco e un gommone invadente arrotola le acque del mare creando onde costanti che invitano a gare di tuffi tra ragazzini sorridenti che finalmente, dopo 10 ore di digestione, possono fare il bagno.
Goccioline di sudore attraversano il mio viso, saranno sicuramente le fatiche dei miei neuroni che non smettono di scandagliare  questo pomeriggio al sapore di sale.
Ispiro, espiro, faccio il pieno di iodio che fa tanto bene alla mia sinusite cronica e alle mie narici costipate da un inverno rigido….mi lascio abbracciare dalla natura. L’azzurro del cielo entra con amore in quello del mare, un atto d’amore che unisce aria e acqua e colora i miei pensieri.
Quanto mi mancherà questo momento. Già lo so.
La mia riflessione viene interrotta dal suono del cellulare…è il socio che mi chiede che fine abbia fatto e se sono propensa a raggiungerlo per andare a fare un tuffetto insieme.
Decido che dopo tre ore di solitudine meditativa posso ritrovare il contatto diretto con gli altri esseri umani e mi accingo a raccogliere pensieri, pinne, occhiali (no, a ‘sto giro il fucile non l’ho preso, sarebbe stato pericolosamente istigante per sopprimere le strilla di bambini capricciosi e il loro incedere violento e maleducato con gittate di sabbia sul mio asciugamano)…dicevo, prendo tutte le mie cose e mi dirigo verso il socio che predilige vivere il mare come un neonato, solo la sera tardi, quando il sole non ruggisce più ma miagola come un gattino indifeso.
I miei neuroni decidono che è arrivato il momento di prepararsi ai dialoghi e alle pubbliche relazioni: abbandonano il loro pettegolare interno, i loro monologhi, e si vestono per guidare le conversazioni all’esterno della mia testa.
Infilo un vestitino verde, inforco le ciabatte, cerco di dare ordine ai miei capelli selvaggi raccogliendoli con un mollettone da casalinga disperata, e inizio a incamminarmi sulla sabbia rovente. Un ultimo sguardo all’orizzonte, un ultimo commento in solitaria, un saluto al mio momento – al nostro momento, quello mio e dei miei neuroni- e vado a prendere il mio bebè (alto un metro e novanta) che non vede l’ora di fare un bagnetto.

Voglio condividere questo post su...