Pensieri, senza filtro.

Quando le dita improvvisano sulla tastiera

07

Lug 2025

L’illusione dell’auto convincimento

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“Se ci credi, ce la fai”: una frase con la stessa stabilità di un ombrello in un tornado. Viviamo immersi in una narrazione che è un gigantesco centro benessere per l’ego: si medita la ricchezza, si ringrazia il proprio “io del passato” con la stessa solennità di un ex voto, e dopo due webinar su Teams si diventa “expert coach di performance consapevoli™”.

È l’epoca dell’ignoranza felice con tanto di pagina aziendale, funnel e claim motivazionale.

La verità? È spietata. É lenta. Noiosa. Ruvida. E molto meno instagrammabile.

Puoi anche visualizzare il tuo successo con convinzione olimpica, ma se non hai technē — quella sapienza concreta che nasce dal fare, sbagliare, rifare — resterai incastrato in un carosello motivazionale che ti gira attorno, ma non ti porta avanti.

Il grande equivoco dell’expertise istantanea

Ripeti con me, come un mantra disincantato:

  • Non sei uno scrittore se confondi la trama con la sinossi
  • Non sei un esperto di cyber security perché hai visto Mr. Robot in lingua originale
  • L’AI può completarti la frase, ma non ti completerà la vita (nemmeno se glielo chiedi gentilmente)

Il problema non è la mancanza di fiducia. È la confusione tra convinzione e competenza, un cortocircuito cognitivo che ha trasformato l’incompetenza in una forma d’arte.

Il bluff

Come ci ricorda il neurologo Robert Burton, “La sensazione di certezza non è una prova della verità. È solo una sensazione.” Una sensazione che, quando si fonde con il narcisismo dei social, diventa tossica e virale: ognuno recita il ruolo del guru, e nessuno sa davvero cosa sta facendo.

Ma c’è di più.

Il biologo evoluzionista Robert Trivers avverte: “Abbiamo sviluppato la straordinaria capacità di mentire a noi stessi, proprio per diventare più efficaci nel mentire agli altri.”

Lo facciamo per sopravvivere: ci raccontiamo storie comode, perché la realtà nuda e cruda è cognitivamente faticosa. Il nostro cervello odia il vuoto e lo riempie con “sentito dire”, corsi-lampo e frasi a effetto. È una trappola cognitiva, e ci entriamo con entusiasmo. Perché è più comodo crederci subito che capirci piano.

Le maschere

La vera malattia del nostro tempo non è l’ignoranza. È l’ignoranza travestita da autorevolezza. È la pretesa di saltare il processo, di fare “quantum leap”, bypassando il lavoro oscuro, non pagato, silenzioso. É arredare il balcone con fiori bellissimi e lasciare che dentro non si sollevi mai la polvere degli interrogativi, quelli che gettano ombre sulle certezze.

Il sonno

Se mentre leggi hai avuto un sussulto, una piccolo inciampo emotivo, tienitelo stretto. Quella fitta è l’intelligenza che si risveglia dall’anestesia dell’ottimismo forzato.

Perché chi sa dubitare, come scrive Gerd Gigerenzer, ha un vantaggio nascosto: “L’incertezza fa parte dell’intelligenza.” Ed è proprio quell’incertezza che ci ancora alla realtà quando tutti intorno a noi sembrano volare con ali di cartone.

Quando scrolli i social e ti senti in un talent show dove tutti hanno la formula magica del successo, ricordati che nessun post ispirazionale ti salverà quando i conti non tornano, il tempo scarseggia e la motivazione ti sembra un’inflazione emotiva.

Il successo spesso lo riconosci solo dopo aver lavorato con la luce spenta, i dubbi accesi e il respiro corto. Senza zuccheri aggiunti.

Tutti possono farcela, ma non tutti ce la fanno.
Fortunatamente, per quelli che non ce la fanno, c’è sempre l’opzione di dare la colpa al sistema, al destino o al fatto che, in fondo, la felicità è sopravvalutata.

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