Pensieri, senza filtro.

Quando le dita improvvisano sulla tastiera

07

Set 2025

L’irrazionalità rende razionali le nostre credenze

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Ti sei mai chiesto se abiteresti in una casa in cui è stato commesso un omicidio? O quanto spenderesti per un cimelio appartenuto a un tuo idolo? Queste domande toccano il cuore del nostro essenzialismo psicologico, la tendenza a credere che oggetti e luoghi possano contenere un’essenza invisibile, una sorta di “anima” che ne determina il valore morale e identitario.

Non è superstizione, ma un meccanismo profondo della mente: cerchiamo un legame emotivo che renda le cose “vere” per noi.
È così che nasce il senso del sacro: qualcosa che non è ordinario, né duplicabile, e che possiede qualità nascoste e profonde.

Come spiega il neuroscienziato Bruce M. Hood, questo supersenso sacro ci permette di attribuire significato a ciò che ci circonda. È il modo in cui costruiamo le nostre credenze, le nostre comunità, i nostri simboli. È ciò che ci fa sentire parte di qualcosa, un atto di fiducia che ci aiuta a dare senso al mondo.

Nella Sindrome di Capgras, una persona vede il volto di chi ama, ma dentro non riesce più a sentire l’affetto di un tempo: lo percepisce come un “fake”, un impostore, un estraneo senza anima. La mente fatica a collegare l’immagine di quella persona con le emozioni vissute. È una dolorosa frattura che spezza la realtà e il sentimento.

Oggi siamo immersi in reti digitali che amplificano questo meccanismo. Gli algoritmi dell’intelligenza artificiale creano camere d’eco che rafforzano le nostre convinzioni, polarizzano il discorso e generano realtà basate sull’appartenenza piuttosto che sulla verità.

Le comunità online diventano nuove tribù con simboli e totem condivisi.

In questo scenario, distinguere il vero dal falso si fa sempre più difficile. Le informazioni si diffondono in ambienti chiusi, dove contano più la conferma e la condivisione che la verifica.

Le creazioni dell’AI, per quanto perfette, spesso mancano di quella qualità umana che dà la sensazione del sacro. E così, come suggerisce Hood, percepiamo il vero o il fake più attraverso la rete emotiva e il senso di appartenenza che in base a dati oggettivi.

Il nostro cervello, predisposto a cercare intenzioni e significati nascosti, attribuisce autenticità non alla precisione tecnica, ma alla presenza di vissuto e intenzione. È il supersenso sacro che guida la percezione, non la logica.

La vera sfida in questo mondo replicabile è scegliere a cosa attribuire unicità, emozione e valore. L’irrazionalità, in fondo, è ciò che ci aiuta a costruire legami, storie e identità, donando senso alle nostre credenze.

Come scrisse il grande Pirandello:

“La realtà che ho io per voi è nella forma che voi mi date; ma è realtà per voi, e non per me.”

Allora mi/ti chiedo: cosa rende autentico quello in cui crediamo?

Quanto siamo disposti a mettere in discussione il nostro concetto di realtà?

*Se ti ho incuriosito, ti consiglio di leggere: Supersenso – Perché crediamo nell’incredibile di Bruce M. Hood

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