Pensieri, senza filtro.

Quando le dita improvvisano sulla tastiera

24

Mar 2014

La mia Big Apple

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Troppo tempo lontana dalla tastiera. Sarà colpa del lavoro e del fatto che la sera,  appena appoggio chiappe e testa sul letto, crollo.

Sono tornata una settimana fa da New York, un viaggio meraviglioso, ricco, appassionante, sorprendente.

Ho lasciato l’Italia con circa 20 gradi e mi sono trovata negli Stati Uniti con una media di -5! Sono partita con il socio, un viaggio di piacere finalmente, quello che abbiamo sognato da una vita.

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New York è una città che ti abbaglia, ti cattura, ti inghiotte nel suo dinamismo frenetico, nella sua eccitante voglia di fare. Un trambusto di colori, suoni, lingue che risuonano così diverse nell’aria. Un vero melting pot, una città costruita e cresciuta grazie a poderosi flussi migratori, che non dorme mai, che non smette mai di distruggere e costruire.

New York è tutto e il contrario di tutto.

E’ il camminare quasi claustrofobico, rigorosamente a testa in sù,  tra le viuzze del Financial District di Manhattan, è l’incedere lussuosamente imperiale e maestoso verso Central Park della  Fifth Avenue, è lo charme  inglese delle deliziose casette a schiera dell’Upper West Side, è il meraviglioso sorriso delle donne agghindate – con tanto di cappello anni ’60 con veletta- che la domenica vanno a messa in quel di Harlem.

New York è il cuore del marketing, della comunicazione che sa vendere con il sorriso sornione e l’ottimismo sempre in tasca da regalare, se vuoi un po’ ipocritamente, a chiunque sia nei paraggi.

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Apprezzo la capacità, tutta americana, di dare valore a quello che si ha, di riuscire a trasformare il ceppo di un pero –  sopravvissuto agli attentati del 9/11  – in icona di vita e speranza.

E che dire poi dei musei? Il MET (Metropolitan Museum) mi ha davvero impressionato. Contestualizzazione per aiutarti a capire e interpretare la storia. Una grande chiave per incuriosire e appassionare gli utenti.

New York è anche e popolarmente la sua sua skyline mozzafiato, il Brooklyn Bridge che puoi attraversare a piedi, stando ben attento a non ostacolare i ciclisti pendolari che lavorano nella City.

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La mela è grande, altissima, tutta da scalare come i suoi grattaceli. Una salita faticosa, sicuramente, per i tanti uomini e le tante donne che arrivarono a Ellis Island nel XIX e XX secolo…una montagna erta che per qualcuno ha davvero anticipato la vista di un panorama luminoso e carico di speranza mentre per altri è stata solo miraggio di qualcosa ancora difficile da afferrare.

New York è quella che, anche se la vedi in ogni film, in ogni serie tv che ti appassiona, dal vivo fa tutto un altro effetto.

E’ inevitabile. Non puoi non subire una trasformazione quando sei dentro a quel vortice.

Sia inteso, relativamente nel bene e relativamente nel male.

Ho amici che non potrebbero resistere per più di 5 minuti negli ingorghi rumorosi e densi di gialli taxicab di Time Square, ma che passerebbero ore e ore a leggere sdraiati nell’oasi verde di Central Park sorseggiando un frappuccino e sgranocchiando un dolcetto al cioccolato.

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Vuoi casino? lo trovi come nulla. Vuoi un po’ di serenità? Si può fare. Nelle grandi città, spesso e volentieri, anche se sei circondato 24/7 da milioni di persone la solitudine può divorarti e consumarti come niente.

E poi le librerie…ragazzi che figata apocalittica! Io adoro le librerie e a New York ci sono librerie storiche come Barnes & Noble che ti offre piani e piani di pagine da sfogliare all’interno di un incredibile edificio storico che si affaccia su Union Square. Sapevate che Union Square era un cimitero, così come Washington Square, la piazza che offre un po’ di verde agli studenti della New York University?!

E ancora la Library, la Merchant’s House (una chicca tutta da visitare), il Chelsea Market, un caffè e una gustosa apple pie con gelato dal carinissimo Bubby’s sotto la High Line, il MoMa con le sua arte contemporanea da capire e i dinosauri che il mio socio ha particolarmete amato al Natural History Museum.

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New York è consumismo tra la tecnologia che costa davvero molto meno rispetto all’Italia, grazie anche al cambio favorevole (l’Apple Store credo sia popolato per il 70 % da italiani a caccia di affari!), il mastodontico Macy’s, il prezioso Tiffany & Co. che tanto ammaliava Audry Hepburn all’ora di colazione, Anthropology, Abercrombie & Fitch e chi più ne ha più ne metta. Puoi passare dal glamour griffato al vintage shabby chic con qualche fermata di subway.

La Big Apple è vertiginosamente da godere dal 102° piano dell’Empire State Building o dal 86° del Top of the Rock del Rockefeller Center.

New York è quella America ripulita ed europeizzata. Quella sempre a dieta, dove le calorie si contano tra un dressing da riversare copioso sull’insalata e chili di patate fritte da abbinare a un hamburger con carne di angus.

Ho visto pochi obesi e tantissimi fashion victim alternarsi ai ben più regolari e casual portatori di felpe con cappuccio e scarpe da ginnastica fluo.

La cosa che mi ha colpito di più è che tutti, e  dico davvero quasi tutti senza limiti di sesso ed età, nel proprio dress code hanno incluso un paio di cuffie – le preferite sono le vistose Beats by Dr Dre – o un paio di auricolari bianchi collegati a un Ipod, iphone o qualsivoglia iqualcosadascoltaresennòsbrocco?!

Il caffè si beve to go, camminando, e il burrito è quello di Chipotle che ha fast food in ogni angolo come Starbucks.

Non è inusuale incappare in qualche celebrity o vedere dogsitter  – nei quartieri della Upper East Side, ad esempio – che vengono trascinati nel freddo gelido da 4 cani milionari la cui cacchetta è quotata in borsa.

New York o la ami o la odi. O la rifuggi o la insegui perché non esistono altre città al mondo come lei.

Io ci tornerò presto. Ne sono sicura.

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Qualche fotina fatta dal mio socio Matteo Simeone

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