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Nov 2014Scorbutica e intollerante
scritto da jadosa / in SENZA FILTRO / Commenta
Sto diventando vecchia. Scorbutica e intollerante. Trovo interessanti solo le persone che sanno essere se stesse. Semplici, incredibili, originali al 100%. Mi piace la trasparenza. Non tollero gli eccessi, e nemmeno l’omologazione.
Mi meraviglio davanti alla creatività che non ha confini, apprezzo chi sa scavalcare la staccionata del già visto e del già sentito.
Abbraccio e sostengo chi si sa mettere in discussione, chi osa, chi manda a fanculo le logiche provinciali che puzzano di muffa, quella rinchiuse in qualche scantinato che per entrare devi sapere la parola d’ordine che ti ha sussurrato qualche amico dalla stretta di mano viscida e opportunistica.
Sto diventando sempre più scorbutica e intollerante.
Mi piacciono il sole, il dinamismo, l’entusiasmo, il sorriso di chi si butta e ci prova, la meritocrazia, l’essere folli per davvero e non per imitazione di imprese geniali di altri che – per inciso – non si riesce nemmeno a copiare a dovere.
Adoro chi sa guardare oltre. Oltre la siepe frequentata dai pecoroni.
In questo periodo gli eventi mi stanno divorando, il tempo è davvero un lusso, e le riunioni di famiglia sono racchiuse in una telefonata nel tragitto casa-lavoro.
Devo darci dentro, non posso mollare il colpo proprio adesso che sembra che le cose inizino a viaggiare come ho sempre voluto.
Le persone credono che stia accumulando fortune ma, in realtà, la vera fortuna è che riesco a galleggiare senza farmi tirare giù dal peso delle responsabilità, delle insolvenze e della gente che vuole il sudore della mia fronte e le mie notti insonni aggratis!
Ma ritorniamo al mantra, quello di cui sopra. Scorbutica e intollerante, dicevamo.
Sì intollerante. Come quelli che non digeriscono qualcosa, o quel qualcosa fa venire ponfi che prudono come se non ci fosse un domani.
Sono intollerante all’ignoranza saccente. Sono intollerante a quelli che vendono (qualcuno proprio bene, lo ammetto) un qualunquismo e pressappochismo che ho la pelle d’oca ( e di oche è meglio non parlarne di questi tempi).
Sono intollerante a questa città che mi sta stretta come un paio di mutande di quando avevo 10 anni.
E’ troppo chiusa nelle sue logiche, troppo ancorata a schemi già visti, soffocata dalla rassegnazione di una fotografia in bianco e nero che non vedrà mai il colore del cambiamento.
Se qualcuno accenna alla volontà di oltrepassare il limite del già provato, qualcun altro è pronto a deriderlo o a ridimensionare le sue idee per impedirgli di attraversare la linea di confine della speranza.
E no, cazzo! La speranza dobbiamo iniettarcela nelle vene, gli uni con gli altri. Dobbiamo bere tutti alla fonte del cambiamento.
Dobbiamo smetterla con tutte queste scuse. Beh, qualcuno mi ha insegnato che se le folle restano ignoranti è più facile governarle e soggiogarle. E allora, forza, un po’ di volontà!
Sono scorbutica. Lo ammetto.
Come quelle vecchiette che, dopo anni di mesta sottomissione alle regole del bon ton, iniziano a dire parolacce, a insultare, inveendo contro il mondo, con il dito medio in bella vista – e non per mostrare l’ultimo brillocco acquistato.
Pollice verso e medio in alto nei confronti della routine, degli schemi, della ottusità.
La chiusura mentale mi rende claustrofobica.
Ammiro chi vuole aprire la sua testa perché è coscio dei limiti, ma li vuole superare.
Mi piacciono le persone umili, oneste, che hanno sete di cultura, che non smettono mai di curiosare, di viaggiare, di scoprire, di leggere, di ascoltare.
Ascoltare.
Mi piace ascoltare il respiro della vitalità.
Mi cattura lo sguardo magnetico di colui che silente assorbe, acquisisce, fa tesoro di ogni singolo istante. Suo, di e con gli altri.
Sono estremamente affascinata da chi sa fare bene il suo lavoro, e lo fa con passione vera. Quella passione che trasuda carica di ormoni, di impeto, di feconda energia creativa.
Ma sono altrettanto infastidita dai cliché, dal già visto, dal mi-sento-chissà-chi- ma- in- fondo -non -sto -facendo- nulla- di- nuovo. Mi annoiano a morte i copia e incolla degli stereotipi.
Certo, prima, quando ero giovane, mica ero così scorbutica e intollerante.
Anche gli uomini, per esempio, mi piacevano perché avevano un bel paio di spalle, belle mani, bel sedere, insomma, se il neurone fosse o meno cassaintegrato era decisamente un aspetto secondario.
Adesso invece, che sono diventata scorbutica e intollerante, mi piacciono gli uomini con la scintilla negli occhi che ti fa intravedere quel barlume carico di immaginazione. Mi piacciono gli uomini dal carisma che ti schiaffeggia, determinati e positivi, professionisti certo, ma privi del famoso palo (quello lì messo proprio in quel posto lì) che li rende distanti e distaccati dal mondo.
Mi piace chi non si sente arrivato del tutto, chi studia per il piacere di dare un valore a se stesso e non al biglietto da visita che pesa di più se c’è scritto “dott.” Sorrido a chi mi dice “ci provo”, ignoro chi si lagna senza nemmeno provarci.
Scorbutica e insolente.
Ah, no era intollerante.
Va beh, dai, mettiamoci anche un po’ di insolenza che non guasta.
Vado a controllare la data di scadenza sul mio deretano. Sono sicura che tutta questa acidità sia dovuta all’approssimarsi della data di scadenza. O forse no.