Pensieri, senza filtro.

Quando le dita improvvisano sulla tastiera

02

Giu 2014

La mia Titina

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Oggi va così…un mal di testa picchiettante e continuo, un’ ormonale altalena di stati d’animo.

Ieri la mia nonna, quella che io fin da bambina ho sempre chiamato nonna Titina, ha deciso di andare a riabbracciare il suo re di cuori.

Mia nonna era la persona più buona del mondo, sopportava, sorrideva e mi diceva sempre di lasciar correre, perché con certa gente “o non ci badi o  non ci tratti”.

Inseparabile dalle sue carte, dalle sue riviste di gossip o di lavoro a maglia, era una donna che parlava più con gli occhi che con le parole.

Gli spaghetti li mangiava rigorosamente in un piattino da frutta, sennò erano troppi, e la pasta la condiva sempre lei, con una manciata generosa di parmigiano filante.

Non amava il formaggio  stagionato e la carne, mia nonna. Preferiva golosa un bel gelatino.
La mattina faceva colazione pucciando gli oro saiwa nell’acqua calda e il caffè lo prendeva immergendo una  zolletta di zucchero nella minuscola tazzina del servizio buono, quello con i decori rosa dipinti.

Quando d’estate il sole picchiava forte, mi diceva che c’era la mamma del sole e mi obbligava, dopo aver visto Sentieri, a fare un pisolino al fresco. Prendevamo il cuscinone della sedia a dondolo e lo adagiavamo di fianco al divano, dove si metteva lei dopo aver lavato i piatti. Lì, diceva, avrei sentito un po’ più di fresco. Accendevamo le pale sul soffitto, che guardavo girare ipnotiche, e  provavo a dormire. Ma io, non avevo mai sonno. Visto che non potevo uscire per andare a giocare con i miei amichetti, tiravo fuori Topolino o Il Corriere dei Piccoli e mi mettevo a fantasticare con i miei giornalini, accompagnata dal russare musicale del nonno che incombeva dal piano di sopra.

Ricordo che quando mi svegliavo la mattina ( nella mia adolescenza irrequieta) venivo attirata non tanto dall’odore del caffè ma piuttosto da quello del pesce che iniziava a friggere in padella. Ancora stropicciata dai bagordi della sera prima, scendevo le scale, salutavo, e mi  mettevo a fare il caffè, mentre lei con aria interrogativa mi chiedeva cosa volessi per cena. Sì per cena.

Ho talmente tanti ricordi legati a te nonna, che ripercorrerli uno dopo l’altro mi impedisce di scrivere, perché gli occhi si gonfiano di lacrime e mi appannano la vista.

Soffrivi tanto di solitudine, io lo sentivo. Finché d’inverno venivate a trovarci e stavate qualche mese tra casa nostra e quella dello zio, tutto scorreva lieve. Anche perché poi, una volta arrivata la bella stagione, io arrivavo -scortata da una bella hostess – in aereo e trascorrevo con voi quasi tre mesi.

Quando però l’età è avanzata e il nonno pativa particolarmente il freddo dell’inverno lombardo, avete cominciato a non venire più. E in quel periodo credo tu abbia prodotto più babbucce che un’intera fabbrica di cinesi indefessi.

Ti chiamavo e mi dicevi che guardavi fuori dalla finestra e che non vedevi mai nessuno. Ti sedevi sulla sedia con il cuscino a fiori che avevi ricamato tu è ti mettevi a fare il solitario con le carte, mentre il nonno guardava Geo & Geo alla tv. La routine ti ha accompagnato anche quando l’alzheimer ha iniziato a mordere selvaggio ogni ricordo. Ti ricordavi che dovevi fare la spesa, e quindi la facevi, anche tre volte al giorno, comprando sempre le stesse cose.

Dio quanto mi mancano gli anni che siamo stati insieme! Dio quanto è stata subdola e schifosa questa malattia con te, nonnina mia.

So di essere stata una persona fortunata, ne sono certa. Finché ho potuto sono sempre corsa da voi, vi ho chiamato, baciato, abbracciato, coccolato, vissuto…siete stati più che nonni, siete stati dei generosi maestri di vita, dispensatori di un amore puro, intenso, viscerale, indelebile nell’anima.

E ora, nonna, anche tu te ne sei andata.

Forse è arrivato il momento del salto generazionale? È  forse arrivato il momento che prenda consapevolezza che non sono più la bambinetta che saliva sull’aereo accompagnata dall’hostess, ma sono una donna di 35 anni che si ostina a non entrare a piedi pari nel mondo degli adulti?

Sarà che non avendo ancora una famiglia mia continuo a non vedere i miei genitori come nonni e a pensare che i mei, di nonni, dovrebbero anagraficamente essere dei bis nonni?!

Quello che mi fa rabbia è che eravamo, siamo,  tutti sparsi in giro per l’Italia e sono stati davvero pochi i momenti, negli ultimi venti anni, per stare insieme,  come si faceva quando era bambina.

Sai nonna qual è la cosa che  mi fa più incazzare? No arrabbiare, incazzare proprio?! (E scusa se dico le parolacce…)

Mi fanno rabbia le persone che hanno i nonni a due metri da casa e non li chiamano, non li vanno a trovare. Mai. Le persone così, per me, non valgono nulla. Sono quelle che vanno a trovare i nonni solo su chiamata o perché ci sono le feste comandate e poi, per il resto, valgono solo gli amici e  le serate a sballarsi attaccati alle bottiglie.

Sono quelli che non chiamano mai i nonni per sapere se hanno piacere di fare una passeggiata insieme, magari per un caffè, di andare, che so, insieme dal parrucchiere o a fare shopping. No, troppo presi dalle chat o a scrivere minchiate sui social network. Però, poi,  quando  il nonno sgancia la mancia, ecco che corrono. Queste persone, mi fanno una gran pena. Sono persone vuote, senza sentimenti e valori (valori che poi sono bravi a sbandierare orgogliosi ai quattro venti, ma che hanno la stessa sostanza della polvere nell’aria)

State con i vostri nonni! Godeteveli! Ora!

I nonni sono un patrimonio prezioso per  la vostra anima! Non approfittatevi dei nonni perché sono buoni, aiutateli anche se non ve lo chiedono, sosteneteli con un sorriso, amateli con passione. Ricordate che i nonni, spesso, anche se si sentono soli, non ve lo vengono a dire, perché hanno timore di essere un peso. Uscite da questo cavolo di egoismo di merda. Non esistono solo il/la fidanzato/a, la macchina, il lavoro, e gli aperitivi al bar. Esistono anche le chiacchiere con i vostri nonni, che sanno farvi ridere di pancia  quando storpiano le parole, che vi raccontano aneddoti di vita vera, che è parte del vostro DNA.

Non aspettate di avere lacrime quando il tempo arrieverà a mietere. Non azzardatevi a dire: “ah, se avessi avuto più tempo”.

Palle.

Se trovi il tempo per andare a ballare e farti selfie da o tra bagasce in un locale,  lo trovi anche per stare mezz’ora con i tuoi nonni. Volere è potere.

Sono particolarmente sensibile all’argomento, e so che forse eccedo anche nei toni. Ma , cazzo, non sopporto i rimorso farlocchi, le scuse e le persone che si dipingono in un modo e poi si comportano in un altro. Se sei generoso, altruista e buono come ti dipingi perché  non vai mai, e dico mai, dai tuoi nonni? Perchè tu che hai il cellulare attaccato al dito tipo protesi e passi giornate a digitare su whatsapp o a sfogliare facebook, non pigi il tuo ditino sul numero di telefono dei tuoi nonni e li chiami? Perché, anche se i tuoi nonni sono ammalati e/o in una casa di cura, non vai mai a trovarli?

I nonni non sono un paghettificio.

Sfogo a parte, e ogni tanto ci vuole, ritorno a te nonnina mia.

Ti chiedo scusa per i toni colorati che usato qui sù, ma sai bene quanto valore abbia dato nella mia vita alla vostra fondamentale presenza.

Tu sei stata un esempio di generosità senza fini, di pazienza, di sorrisi, di amore per la famiglia. Ho sempre guardato con ammirazione il rapporto che avevi con il nonno e mi auguro di poter condividere con il socio, nel bene e nel male, un po’ della stessa complicità.

Nonna nel mio album dei ricordi, quelli che tu ormai avevi corrosi dalla malattia, ho aggiunto anche gli ultimi sguardi, quelli di un mese fa, quando ormai, allettata e silente, comunicavi solo con quelle sorgenti di emozioni che erano i tuoi occhi, sinceri, furbi, arrabbiati, rassegnati, ma sempre immensamente pieni di amore.

E adesso che sei lì con il nonno non iniziare a cazziarlo perché quando mangia si sporca e dice le parocce…Ma sì, fallo…Eravate così belli insieme, eravate così completi anche quando vi punzecchiavate…

Ti voglio bene nonnina mia,

Giada

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